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La voce del popolo

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2006

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La voce del popolo

In questa sezione Share International mette in evidenzia il potere del popolo, che continuerà ad ampliarsi fino a che, con la saggia conduzione di Maitreya, i popoli indurranno i loro leader alla creazione di una società giusta, nella quale saranno riconosciuti e soddisfatti i diritti e i bisogni di tutti. In questa rubrica è tradotta in italiano una parte delle notizie pubblicate in inglese.

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Milioni di persone insorgono contro la povertà

Più di 23 milioni di persone in otre 100 paesi hanno preso parte ad un'iniziativa condotta dalle Nazioni Unite "Insorgiamo contro la povertà" durante un periodo di 24 ore, per ricordare ai leader del mondo le loro promesse di ridurre la povertà estrema entro il 2015.

È stato dichiarato "il più grande movimento di persone singolarmente coordinato" dal Guinness mondiale dei records, con 23'542'614 persone che si sono alzate nello stesso momento e hanno recitato una promessa anti-povertà il 15-16 ottobre 2006.

L'evento "Insorgiamo contro la povertà" è stato programmato per coincidere con il Giorno Internazionale per lo sradicamento della povertà, tenutosi il 17 ottobre 2006. Tra i punti salienti dell'iniziativa:

- Il Presidente del Malawi, Dr. Bingu wa Mutharika ha raggiunto migliaia di persone ad un raduno contro la povertà nella capitale Lilongwe.

- A Jaipur, India, 38'000 fans del cricket "si sono alzati in piedi" all'inizio della partita India-Inghilterra.

- Negli Stati Uniti, il deputato delle Nazioni Unite e segretario generale, Mark Malloch Brown, la regina Noor di Giordania e HH Swami Ramdev "si sono alzati" con migliaia di persone a Time Square, New York.

- Centinaia di migliaia di persone "si sono alzate" insieme per un minuto ad un concerto anti-povertà nei bassifondi di Harare, Zimbabwe.

- Degli scolari attraverso Libano, Giordania, Gaza e la Cisgiordania "si sono alzati" insieme per sottolineare l'ingiustizia per cui non tutti i bambini possono permettersi di andare a scuola.

- Gli organizzatori nel Bangaldesh hanno riferito che più di mezzo milione di giovani si sono uniti in gigantesche catene umane, attraverso 64 distretti del paese.

- Nelle Filippine più di 10'000 persone "si sono alzate" e hanno marciato contro la povertà per asserire che "36 pesos non bastano" ad un Filippino per vivere un giorno.

- In Messico diverse centinaia di migliaia di persone "si sono alzate" a diverse partite di calcio.

Lo sforzo internazionale era coordinato dalla "Campagna del Millennio" delle Nazioni Unite e "dall'Appello Globale d'azione contro la povertà" (GCAP). La Campagna del Millennio delle N.U. sta lavorando per collaborare con gli "Obbiettivi di Sviluppo del Millennio" concordati da 189 leader governativi nel 2000, per ridurre a metà l'estrema povertà entro il 2015, e per raggiungere altri traguardi concernenti la fame, la salute dei bambini e malattie come l'AIDS e la tubercolosi. Il GCAP rappresenta una coalizione di gruppi da più di 100 paesi, che fanno pressione sui governi per sradicare la povertà, ineguaglianze drammaticamente sminuite e realizzare gli "Obbiettivi di Sviluppo del Millennio. (Fonte: www.un.org, www.whiteband.org, www.oxfam.org)

 

Stand Up - la promessa: «Insorgiamo contro la povertà»

Insorgiamo ora perché non desideriamo, tra molti anni, stare di fronte alla prossima generazione dicendo: "sapevamo che milioni di persone stavano morendo inutilmente ogni anno, e siamo stati lì senza far niente...."

Ai leader dei paesi ricchi : "siate grandi, lottate per mantenere le vostre promesse, cancellazione dei debiti, maggiore e miglior aiuto, e negoziate regole che aiutino a lottare contro la povertà, sapete cosa è necessario fare, fatelo.... "

"Ogni generazione ha grandi battaglie da fronteggiare contro i mali come la schiavitù e l'apartheid, che sembrano invincibili. Ma la storia prova che è possibile, se abbastanza gente insorge contro l'ingiustizia...."

"Siamo sei miliardi di Voci. Vogliamo giustizia ora. Niente più scuse. Non le potremo accettare."

dicembre 2006

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Manifestazioni nel mondo intero contro la guerra in Libano

Migliaia di persone in tutto il mondo hanno marciato in risposta alla crisi in Libano, chiedendo un immediato e incondizionato cessate il fuoco. Dall'inizio del conflitto, il 12 luglio 2006, dimostrazioni e riunioni sono state organizzate quasi giornalmente, con gente scioccata, rattristata e irritata dal grado di distruzione e violenza e da ciò che considera come una risposta sproporzionata di Israele alla cattura di due dei suoi soldati.

Grandi proteste sono state tenute il 22 luglio ed esse sono aumentate durante il mese di agosto in città comprendenti Tel Aviv, Baghdad, Parigi, Sydney, Londra, Kuala Lumpur, Edimburgo, Madrid, Santiago, Amsterdam, Varsavia, Chicago e Sao Paolo.

In Gran Bretagna parte della popolazione e vari deputati erano furiosi col loro governo, essendo l'unica nazione, a fianco degli Stati Uniti, a non aver chiesto un immediato cessate il fuoco. Raduni sono stati tenuti attraverso il paese e due dimostrazioni nazionali "CESSATE IL FUOCO ADESSO" del 22 luglio e 5 agosto, organizzate dalla coalizione "Stop alla guerra", hanno attirato un sostegno senza precedenti per appelli in così breve tempo; la seconda ha attirato più di 20'000 persone ed ha portato autocarri pieni di dimostranti, che hanno potuto ascoltare deputati ed attivisti denunciare le barbare distruzioni di Israele nel Libano e a Gaza, e la coalizione del governo britannico con gli Stati Uniti. I partecipanti alla protesta hanno portato scarpe di bambini da porre contro il cenotafio a Whitehall quale toccante ricordo delle centinaia di bambini uccisi in Libano.

Le organizzazioni umanitarie attive globalmente hanno inserito degli annunci a piena pagina nei media britannici per pubblicare una lettera aperta al Primo Ministro che chiedeva un immediato cessate il fuoco.

Migliaia di dimostranti si sono riversati a Baghdad, Iraq, sventolando bandiere libanesi, di Hezbollah e irachene e, indicando le bandiere di Israele e Stati Uniti, hanno gridato: "Questi sono i terroristi."

Un raduno il 22 luglio organizzato a Sydney, Australia, da gruppi comunitari e dalla coalizione "Stop alla guerra" ha attirato folle tra 10'000 e 20'000 persone. Simili grandi dimostrazioni sono state tenute in altre città attraverso il paese.

Anche le città canadesi hanno visto grandi proteste, che sono cresciute con protrarsi del conflitto. Una veglia pianificata per il 30 luglio a Montreal è divenuta molto più grande e molto più rabbiosa in seguito alle notizie del massacro israeliano di Cana. Il 6 agosto ca. 15'000 persone si sono riunite per una protesta pacifica nel centro della città e sono state raggiunte da politici, come pure da un gruppo di Ebrei Ortodossi di New York.

L'Indonesia ha visto dimostrazioni in diverse città, tra cui una con diverse migliaia di persone a Jakarta il 28 luglio. La gente si è riunita davanti all'ambasciata degli Stati Uniti con un oratore che diceva: "È ironico che l'America urli a proposito di pace e democrazia, e poi sostenga Israele nell'uccisione di musulmani innocenti."

Negli Stati Uniti migliaia di dimostranti si sono incontrati in raduni tenuti in tutto il paese. Gli organizzatori di una dimostrazione tenutasi il 12 agosto davanti alla Casa Bianca a Washington DC hanno detto che 30'000 persone hanno partecipato giungendo da posti molto lontani come Florida e Michigan.

Altre proteste sono state tenute dall'inizio del conflitto in paesi compresi Israele, Yemen, Nuova Zelanda, Germania, Islanda, Irlanda, Malaysia e Giordania.

(Fonti: stopwar.org, The Independent, BBC news, UK; truthout.org, indymedia.org, wsws.org, wikipedia.org)

settembre 2006

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Isolani esiliati vincono la lotta per tornare a casa

Un'intera popolazione, deportata in massa quando il governo britannico "vendette" la loro terra natale ai militari statunitensi, ha vinto una causa legale di risonanza per la sua lotta per tornare a casa.

Negli anni 1960 e 1970 l'intera popolazione della minuscola isola Diego Garcia dell'arcipelago Chagos nell'Oceano Indiano, controllata dai Britannici, fu terrorizzata, attaccata e trasferita a forza nelle isole Mauritius e Seychelles, in una deportazione di massa indotta dalle richieste del Pentagono che volevano l'isola "spazzata" e "risanata". Da allora gli isolani di Chagos hanno vissuto in povertà e privazioni nei bassifondi di Mauritius, mentre gli Stati Uniti hanno costruito la più potente base militare dell'Oceano Indiano, la base dalla quale hanno attaccato l'Afghanistan e l'Iraq, e potrebbero forse lanciare un attacco all'Iran.

L'esilio forzato dei Chagossiani ha violato la Dichiarazione 1514 delle Nazioni Unite sul diritto inalienabile all'indipendenza delle popolazioni coloniali. Nel 1965 la risoluzione 2066 delle Nazioni Unite esortava la Gran Bretagna a "non intraprendere azioni che avrebbero smembrato il territorio delle Mauritius e violato la sua integrità territoriale" ma la Gran Bretagna ha continuato a negare perfino l'esistenza di una popolazione indigena su Diego Garcia.

Con l'aiuto del loro notevole avvocato Richard Gifford, i Chagossiani hanno vinto quattro cause legali alle corti britanniche, ma tutte sono state ignorate o evase dal governo britannico. La prima causa, nel 2000, ha scioccato il governo, quando l'Alta Corte ha citato lo statuto 1215 della Magna Carta, che proibiva "l'esilio dal Regno" senza un processo legale. Nell'ultima udienza all'Alta Corte nel maggio 2006, Sir Sydney Kentridge QC ha descritto il trattamento riservato ai Chagossiani come "oltraggioso, illegale e una frattura negli standard morali accettati", e ha detto che non vi è un precedente conosciuto per l'uso legale di poteri e prerogative per trasferire o escludere un'intera popolazione di Britannici dalle loro case e terre natali.

"Abbiamo ottenuto una sentenza storica in nostro favore, che ci permette di tornare a casa nostra" ha detto il leader del Gruppo dei Rifugiati Chagos, Olivier Bancoult. "Il nostro prossimo passo è tornare al nostro luogo natìo al più presto. I diritti della gente che è stata esiliata per così tanti anni sono stati restituiti".

Ma malgrado la sentenza i Chagossiani devono far fronte ad altri ostacoli. Il governo britannico ha fatto appello e gli isolani dovranno lottare contro i divieti da parte di entrambi, Gran Bretagna e Stati Uniti, che si oppongono a qualsiasi ritorno sull'isola per scopi di "sicurezza" e il cui contratto d'affitto su Diego Garcia si estende su 50 anni con un'estensione automatica di 20 anni.

(Fonte: The Guardian, BBC, UK; chagossupport.org.uk, www.unpo.org)

luglio-agosto 2006

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Milioni di persone domandano giustizia nelle strade
il 1. maggio

Durante il mese di aprile 2006 vi sono state continue proteste contro la riforma sull'immigrazione proposta negli Stati Uniti, ed il 1. Maggio, festa del lavoro, più di un milione di immigrati hanno preso parte ad "Un giorno senza immigrati". Protestando contro un progetto di legge contenente duri provvedimenti per criminalizzare gli immigrati illegali, centinaia di migliaia di lavoratori hanno scioperato e hanno rifiutato di fare acquisti o di andare a scuola, allo scopo di mostrare l'effetto sull'economia del Paese e sulla vita quotidiana se non ci fossero immigrati. Molte aziende, come il più grande produttore mondiale di carne Tyson, sono state costrette a chiudere visto che gli immigrati attivi nell'agricoltura e nelle costruzioni scioperavano.

Le più grandi manifestazioni si sono svolte a Chicago e Los Angeles, con folle di 400'000 persone, e migliaia hanno marciato in più di 50 città americane. Molti dimostranti vestivano di bianco, un colore scelto dagli organizzatori come simbolo di solidarietà, e molti portavano pure bandiere americane per indicare al Senato dello Stato della California "il tremendo contributo giornaliero degli immigrati alla società ed economia". Molte piccole imprese hanno scelto di chiudere a sostegno dell'azione e più del 30% degli allievi delle scuole di Los Angeles ha marinato la scuola, cosicché qualche scuola ha perfino deciso di chiudere. I marciatori hanno cantato in spagnolo "Si, se puede!" (Sì, si può!). Gli immigrati dicono che senza di loro l'economia statunitense crollerebbe e molti vedono queste comunità come aventi una vera voce politica nel Paese, con una chiamata a raccolta sotto lo slogan "Oggi protestiamo e domani votiamo".

A New York i dimostranti hanno formato una catena umana alle 12.16 per simbolizzare il 16 dicembre 2005, data in cui il controverso progetto di legge fu approvato dal Congresso. In Messico, luogo di nascita di molti immigrati, migliaia di persone sono scese in strada a sostegno dei loro compaesani dall'altra parte della frontiera.

Dimostrazioni sono state pure tenute nel mondo con milioni di partecipanti per marcare la festa del lavoro, con raduni organizzati da sindacalisti, militanti anti-globalizzazione ed ecologisti. Malgrado alcuni scontri e qualche arresto, la maggior parte delle proteste si è svolta pacificamente.

A Dhaka, capitale del Bangladesh, migliaia di lavoratori hanno dimostrato per chiedere diritti come la sicurezza, un salario minimo ed uguale salario per uguale lavoro.

A Giacarta, indonesiani hanno marciato verso il palazzo presidenziale per protestare contro dei progetti di revisione della legge sul lavoro nel 2003.

Nello Zimbawe la polizia antisommossa è stata impiegata per disperdere un raduno di sindacalisti, mentre in Pakistan protestanti pro-democrazia sono stati arrestati mentre tentavano di sfidare un bando di riunioni pubbliche imposto dal regime militare.

A Seul, capitale della Corea del Sud, migliaia di persone hanno marciato protestando contro le riforme economiche che producono licenziamenti; in un movimento senza precedenti ca. 500 sindacalisti Sudcoreani hanno raggiunto un raduno di lavoratori nella Corea del Nord.

In Iran, lavoratori si sono riuniti per chiedere lavoro, mentre a Ramallah lavoratori palestinesi hanno preteso i loro salari dal Governo condotto da Hamas, finanziariamente annientato a seguito del ritiro dell'aiuto europeo.

Dimostrazioni si sono pure tenute in città dell'Australia come Brisbane, dove i protestanti urlavano: "Il mondo appartiene al popolo. Le strade appartengono al popolo".

Più di un milione di persone hanno manifestato in Europa. In Gran Bretagna migliaia di sindacalisti hanno marciato verso Trafalgar Square a Londra chiedendo "Giustizia sul posto di lavoro", legge che permetterebbe sindacati più forti e la fine dello sfruttamento dei lavoratori stranieri.

In Germania i sindacati hanno protestato contro l'impatto della globalizzazione sul Paese e esortato il governo ad introdurre un salario minimo.

Anche la Bosnia ha visto grandi raduni di disoccupati, il 40% ca. della popolazione, marciare sulla strada principale della capitale Sarajevo, chiedendo nuove elezioni e le dimissioni del governo.

In Bielorussia, scenario di dimostrazioni pro-democratiche negli scorsi mesi, ca. 2000 persone si sono riunite nella capitale Minsk per protestare contro l'incarcerazione del leader dell'opposizione Alexander Milinkevich.

50 dimostrazioni si sono tenute in Spagna, e ulteriori si sono avute in Italia, Austria, Francia e Turchia.

Ma le più grandi dimostrazioni si sono svolte in Russia, dove una folla stimata ad un milione e mezzo di persone è scesa nelle strade. Mosca ha visto i più grandi raduni, dove sono state stimate 25000 persone, che scendendo Via Tverskaya hanno ascoltato discorsi di dirigenti sindacalisti e assistito ad un concerto.

(Fonte: bbc.co.uk, The Guardian, UK)

giugno 2006

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Marce mondiali per la pace

Centinaia di dimostrazioni si sono svolte in tutto il mondo il 18 marzo 2006, per marcare il terzo anniversario della guerra in Iraq. I contestatori hanno chiesto la fine dell'occupazione in Iraq e preso posizione contro un possibile attacco all'Iran. Le dimostrazioni sono state tenute in 12 nazioni europee. A Londra 80'000 persone hanno marciato nelle strade in accordo con la Coalizione Stop alla guerra. "Siamo uniti in quest'idea e non smetteremo di dimostrare, perché eravamo qui tre anni fa e continueremo per i prossimi 10 anni", ha detto una giovane donna musulmana. In un discorso alla folla a Trafalgar Square, Rose Gentle, il cui figlio Gordon, soldato diciannovenne, è stato ucciso da una bomba sul bordo della strada nell'Iraq del sud, ha detto: "Ogni giorno si sente di nuovi morti. Tony Blair ha, in effetti, fatto dell'Iraq il posto peggiore per gli Iracheni.

Nel Medio Oriente dimostrazioni pacifiste si sono svolte a Baghdad e Damasco con eventi minori a Beirut, Cairo e in altre città. In Turchia ca. 3000 dimostranti si sono riuniti ad Istanbul, ed altri, stimati a 3000, hanno dimostrato in Corea del Sud, paese che ha il terzo maggior numero di truppe straniere in Iraq dopo USA e Gran Bretagna. In Giappone le proteste sono continuate per un secondo giorno con dimostranti che suonavano tamburi e camminavano verso l'ambasciata degli Stati Uniti. "La guerra in Iraq è stata un grande errore del Presidente Bush ed il mondo intero è contro di lui", ha detto l'organizzatore Ayako Nishimura, uno dei 2000 dimostranti. "L'Iraq deve poter decidere dei suoi propri affari."

In Australia, il cui governo aveva sostenuto la guerra, centinaia di persone hanno marciato attraverso la capitale Sidney. "La guerra in Iraq è un imbroglio ed è stata un disastro umanitario per gli Iracheni", ha detto Jean Parker, un membro del ramo australiano della coalizione Stop alla guerra, che ha organizzato la marcia.

Negli Stati Uniti e in Canada decine di migliaia di persone hanno preso parte a più di 200 proteste separate organizzate contro la guerra. Una delle più grandi dimostrazioni statunitensi si è svolta a Chicago, dove l'organizzatore Andy Thayer ha gridato: "Il movimento contro la guerra in Vietnam è iniziato con proteste come questa! Se la guerra finirà, non sarà grazie a qualche grande leader ma grazie a gente normale come voi."

"Noi tutti siamo qui per le nostre ragioni diverse, ma insieme la nostra voce è tanto più potente", ha detto Elisa Armea, 28 anni, di Pilsen, che ha marciato attraverso Chicago con i suoi amici. A New York i dimostranti hanno cantato: "Stop alla macchina da guerra degli Stati Uniti, dall'Iraq alla Corea, alle Filippine." I marciatori si sono pure riuniti a Filadelfia, dove Al Zappala, il cui figlio trentenne è stato ucciso in Iraq nel 2004, ha detto: "Abbiamo attaccato un paese che non ci ha mai fatto niente. È stato inviato in Iraq basandosi su menzogne."

(Fonte: Chicago Tribune, International Herald Tribune, CBSNews, US; BBCNews, UK; Associated Press; seattlepi.com; indymedia.org)

maggio 2006

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Aumenta il potere del popolo

La voce del popolo continua a crescere, con grandi dimostrazioni che si svolgono in tutto il mondo.

In Tailandia decine di migliaia di contestatori si sono riunite come di consueto a Bangkok durante il fine settimana per chiedere le dimissioni del Primo Ministro Thaksin Shinwatra, che accusano di corruzione e abuso di potere. Il 5 marzo 2006 una folla stimata a 67000 dimostranti ha marciato verso l'ufficio del Primo Ministro ed ha espresso l'intenzione di restare nelle strade fino alla sua partenza.

Nelle Filippine migliaia di contestatori si sono riuniti per celebrare il ventesimo anniversario del movimento "Potere al popolo" del 1986, che condusse al rovesciamento del dittatore Ferdinando Marcos, e per chiedere le dimissioni del presidente attuale Gloria Macapagal Arroyo. In risposta Arroyo ha proclamato lo stato d'emergenza per una settimana, col pretesto di un tentato colpo di Stato, e le proteste sono state disperse con i cannoni ad acqua. Comunque ca. 5000 persone, condotte dall'ex-presidente Corazon Aquino, hanno potuto marciare pacificamente fino al memoriale di Benigno, marito di Aquino e popolare oppositore politico di Marcos, il cui assassinio nel 1983 suscitò enormi proteste. I dimostranti accusano Arroyo di corruzione e abusi contro i diritti umani, come pure di presunte elezioni manipolate nel 2004. Hanno pure criticato i suoi metodi per sopprimere il dissenso. Si sono svolte ulteriori dimostrazioni contro il governo, ancora contrastate da aggressioni da parte della polizia, l'8 marzo, giorno internazionale della donna.

Ad Haiti troviamo un altro esempio di potere del popolo a seguito delle elezioni presidenziali in cui René Préval, un ex-presidente, grazie alle scelte delle sezioni più povere di Haiti, fu alla fine dichiarato vincitore. Sebbene egli fosse ben davanti al suo rivale più vicino, Gérard Latortue, i voti di Préval risultavano appena sotto il 50% necessario per vincere. Ma i suoi sostenitori reclamarono asserendo che Préval, che aveva incentrato la sua campagna su unità e stabilità, era privato della presidenza dalla frode elettorale. Un gran numero di sostenitori di Préval scese in strada per chiedere la sua vittoria, sollecitato da Préval stesso ad "essere maturo, responsabile e non violento".

In Kazakistan ca. 2000 contestatori hanno sfidato un divieto di dimostrazioni il 26 febbraio 2006, per condannare un presunto ruolo del governo nell'assassinio del leader dell'opposizione Altynbek Sarsenbaiuly, che fu trovato ucciso da arma da fuoco nella sua auto il 13 febbraio 2006.

In India l'arrivo del presidente Bush il 1. marzo 2006, è stato accolto da enormi dimostrazioni contro la sua visita. Circa. 100'000 contestatori si sono riuniti nella capitale Dehli con striscioni dicenti a Bush "Vai a casa". Simili proteste sono state tenute a Calcutta, Bangalore e Hyderabad. Gli altoparlanti dei raduni dicevano che Bush non era il benvenuto e denunciavano la guerra in Iraq.

In Pakistan, prossima tappa di Bush, si sono pure svolte proteste con migliaia di dimostranti nelle città di Islamabad, Chaman e Peshawar. (Fonti: BBCNews, The Guardian, UK; Associated Press; cnn.com; indymedia.org; democracynow.org)

aprile 2006

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